Cerca nel blog

mercoledì 28 marzo 2012

Le nostre cellule nervose "nuotano e gattonano"

dal sito di repubblica.it

 

CERVELLO

Riescono a creare nuove sinapsi - spiega uno studio italiano della Sissa pubblicato sui Pnas - solo spostandosi simultaneamente e lo fanno a velocità costante. Determinante è la struttura: è "l'impalcatura" che, crescendo, genera il movimento spingendo la membrana cellulare

TRIESTE - L'unione fa la forza, ed è vero anche per la crescita delle cellule nervose: riescono a creare nuove connessioni fra loro solo muovendosi simultaneamente nuotando o "gattonando" e lo fanno a velocità quasi costante, indipendentemente dalle forze esterne che si oppongono al loro spostamento. La scoperta, pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, è italiana e si deve ad un gruppo della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) di Trieste.

Il risultato è nato dalla collaborazione fra matematici, fisici ed esperti di neuroscienze. Luca Cardamone e Antonio De Simone, Alessandro Laio, Rajesh Shahapure e Vincent Torre hanno sviluppato un modello teorico per simulare la crescita delle cellule che, organizzandosi in strutture compatte, si muovono "gattonando". Le cellule possono muoversi, secondo De Simone, "nuotando o gattonando. Per muoversi in quest'ultimo modo è determinante la loro struttura. E' "l'impalcatura" delle cellule (chiamata citoscheletro) che, crescendo, genera il movimento spingendo la membrana cellulare. Il movimento, spiegano i ricercatori, ricorda quello di una persona che cammina all'interno di una palla: le braccia che spingono corrispondono al citoscheletro, la palla alla membrana cellulare. Lo stesso meccanismo chimico di spinta e crescita è alla base delle metastasi, della reazione del sistema immunitario e della cicatrizzazione delle ferite.

Partendo dall'ipotesi che le proteine che costituiscono l'impalcatura cellulare (chiamate actine) si auto-organizzano in strutture compatte, i ricercatori triestini hanno riprodotto al computer il movimento del citoscheletro. Dallo studio emerge che la meccanica delle forze ha un ruolo determinante nell'innescare il processo di crescita, che è stato studiato dai ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati.

"Quantitativamente è la meccanica a spiegare la geometria della struttura del citoscheletro: le proteine che lo formano - spiegano i ricercatori - si compattano in una struttura in cui ciascun ramo è sostenuto dagli altri e lo sforzo è uniformemente distribuito. I rami di crescita spingono sempre in modo simmetrico rispetto alla direzione in cui avanza la struttura e per questo riescono ad avanzare senza rompersi".

Dallo studio si evince che la struttura in cui si compattano le actine è il risultato di un processo di selezione darwininana: se i filamenti crescessero isolati si spezzerebbero. Il meccanismo di sincronizzazione non è stabilito a priori ma emerge spontaneamente con la trasmissione degli sforzi.
(26 marzo 2012)

sabato 24 marzo 2012

Così il cervello mescola fantasia e realtà nei ricordi

dal sito: www.repubblica.it

 

RICERCA


Esperimento sui topi descritto su Science. Creata una specie di memoria "ibrida", fatta di eventi reali e immaginari. In questo processo i pensieri avrebbero un ruolo rilevante e non sarebbero solo un "rumore di fondo"

Falsi ricordi, creati artificialmente manipolando cellule cerebrali. Non è fantascienza: il cervello è infatti capace di generare una speciale memoria 'ibrida', fatta di ricordi in cui realtà e fantasia si fondono insieme. Questa singolare memoria è stata osservata in azione nei topi dai ricercatori coordinati dall'università della California a San Diego, ed è descritta in uno studio su Science.

Per scoprire come il cervello plasma il suo mondo immaginario, i ricercatori hanno provato a generare in modo artificiale un ricordo di un'esperienza non reale, bensì immaginaria. Per farlo hanno usato topi che erano stati geneticamente modificati in modo che i neuroni attivati da stimoli esterni (attraverso l'accensione di un gene chiamato C-fos) potessero essere 'marcati' e resi riconoscibili dalla produzione di una particolare proteina che funziona da recettore di membrana.

Nella prima parte dell'esperimento, i ricercatori hanno colpito i topi con deboli scosse elettriche ogni volta che entravano in una particolare gabbia, in modo che imparassero ad avere paura di quel luogo fisico. Questo stimolo determinava l'accensione del gene C-fos e quindi l'attivazione della proteina recettore in alcuni neuroni, generando un ricordo.

In un secondo momento, ai topi è stato somministrato un farmaco chiamato clozapina-N-ossido (CNO) che è in grado di attivare quel particolare recettore di membrana, accendendo gli stessi neuroni e scatenando così lo stesso spiacevole ricordo prodotto dalla scossa elettrica. Generando questo ricordo artificiale, i ricercatori hanno scoperto di poter di nuovo indurre nel topo la paura della scossa elettrica anche quando questo stimolo esterno non c'era perché l'animale era posto in una gabbia diversa.

Lo studio dimostra quindi che il cervello può sovrapporre un vecchio ricordo a una situazione reale, creando il ricordo di un'esperienza solo immaginaria. In questo processo i pensieri avrebbero un ruolo rilevante, e non sarebbero un semplice rumore di fondo che interferisce con gli stimoli che arrivano dalla realtà circostante.
(23 marzo 2012) © Riproduzione riservata