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domenica 1 luglio 2012

Computer quantistici, pronti gli algoritmi

Uno studio dimostra come si possono affrontare alcuni problemi della teoria quantistica dei campi, che descrivono le interazioni tra le particelle elementari, grazie ad algoritmi che funzionano su qubit, ovvero sugli analoghi quantistici dei bit, le unità d'informazione binaria della teoria classica (red)

Quali problemi potrebbero essere risolti dai computer quantistici in modo più efficiente rispetto a quelli classici? È una domanda cruciale per il futuro della computer science. Una risposta parziale viene ora da un articolo pubblicato sulla rivista “Science” a firma di Stephen Jordan dell'Applied and Computational Mathematics Division del National Institute of Standards and Technology di Gaithersburg, nel Maryland, in cui viene descritto un efficiente algoritmo quantistico in grado di risolvere le equazioni della teoria quantistica dei campi (quantum field theory, QFT).

A chi ha un po’ di familiarità con la teoria classica dell’informazione, è noto che c'è una ben definita classificazione dei problemi che possono o non possono essere risolti in modo efficiente. I cosiddetti problemi di classe P sono quelli in cui il tempo di calcolo e le risorse necessarie per effettuare i calcoli aumentano polinominalmente con la dimensione del problema. Si dicono invece di classe NP quei problemi in cui, data una possibile soluzione, esiste solo un algoritmo polinomiale in grado di verificare se questa è effettivamente soluzione del problema, ma non un algoritmo efficiente che la calcoli.

Nel caso dei computer quantistici, l’analogo della classe P è denominato BQP, e comprende quei problemi che possono essere risolti in modo efficiente con un errore limitato. In modo simile, gli analoghi dei problemi NP sono denominati Merlin-Arthur quantistici (QMA). Per questi, la correttezza della soluzione può essere verificata (sebbene non calcolata) con computer quantistici.

Già nel 1982, Richard Feynman suggerì che le proprietà dei sistemi quantistici a molti corpi potessero essere calcolate con computer quantistici. Questi ultimi farebbero la differenza, in particolare nel cosiddetto limite di accoppiamento forte, in cui molte delle equazioni della QFT non possono essere risolte con i metodi convenzionali.

Per la transizione ai computer quantistici occorre, oltre una capacità di realizzarli praticamente, anche una teoria del calcolo basata su qubit – i bit d'informazione quantistica – invece che sui tradizionali bit, le unità d'informazione binaria della teoria classica. In questo senso, il lavoro di Jordan fornisce un contributo decisivo grazie a tre risultati. Il primo è la dimostrazione di come i campi continui possano essere rappresentati accuratamente da un numero finito di qubit le cui coordinate costituiscono un reticolo. La rilevanza di questo risultato è legata al fatto che nella QFT è contemplato un numero infinito di grandezze che vengono trattate convenzionalmente con i metodi noti come rinormalizzazione e regolarizzazione, che nel metodo di Jordan compaiono in modo naturale.

Computer quantistici, pronti gli algoritmi
Tracce delle interazioni tra particelle elementari in una camera a bolle: in futuro potranno essere simulate con i computer quantistici (
Il secondo risultato è l'efficace rappresentazione della preparazione dello stato iniziale delle particelle che rappresentano il sistema studiato, che di solito costituisce un collo di bottiglia per un'implementazione e una simulazione efficiente.

Il terzo infine riguarda l'evoluzione temporale del sistema che viene rappresentata con lo stato dell'insieme delle porte quantistiche (l'analogo quantistico delle porte logiche classiche), grazie a una procedura che funziona bene per teorie locali, cioè teorie discretizzate su uno spazio-tempo finito.

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