dal sito: www.repubblica.it
In
modo silenzioso. Gli Stati Uniti ne sono certi: i cinesi hanno
conquistato il mercato delle telecomunicazioni mondiali con uno scopo
ben preciso. Quello di spiare l'Occidente per carpirne i segreti
militari e industriali.
Le accuse sono state messe nero su
bianco in un documento della U.S.-China Economic and Security Review
Commission e ribadite di recente da Michael Maloof, ex esperto di
sicurezza del Pentagono. La Cina avrebbe accesso all'80% delle
telecomunicazioni mondiali, una sorta di Echelon con gli occhi a
mandorla.
Fantapolitica? Forse, ma sono mesi, anni addirittura,
che sotto la lente d'ingrandimento degli esperti di sicurezza Usa, e non
solo, sono finiti due giganti: Huawei e Zte, rispettivamente numero due
e cinque al mondo nella fornitura di infrastrutture di
telecomunicazioni. Partite entrambe dalla città di Shenzhen, le due
società hanno avuto un'escalation sorprendente, andando a conquistare in
pochi anni i mercati mondiali. Per entrambe si parla di stretti legami
con il governo cinese, il deus-ex machina che ne avrebbe favorito
la crescita al di là di Pechino. Basti pensare che accordi con Huawei
sono stati fatti da tutte le più grandi aziende di telecomunicazioni
occidentali, dalla British Telecom alla nostrana Telecom Italia, solo
per citarne due.
Va detto che la smoking gun, la pistola
fumante che confermi le ipotesi statunitensi, non è stata trovata: non
c'è alcuna prova che i dispositivi prodotti e venduti dalle due big
cinesi siano utilizzati per spionaggio. Quel che è certo è che Huawei ha
sviluppato sistemi molto sofisticati per l'analisi dei dati che
transitano sulle proprie reti e dispositivi. Ma non c'è alcuna evidenza
che vengano utilizzati come cyber-armi al servizio del governo cinese.
Certo
è che gli Stati Uniti non sono i soli ad aver avanzato "ipotesi di
complotto" nei confronti delle telco cinesi. L'Australia, ad esempio, ha
deciso di evitare qualsiasi accordo commerciale con Huawei, impedendo
alla società di partecipare alla gara d'appalto per la realizzazione
della National Broadband Network, la rete di telecomunicazioni che
diventerà nei prossimi anni la spina dorsale delle comunicazioni
digitali australiane. La preoccupazione di avere una infrastruttura
critica, come una rete cellulare, alla mercè di una potenza straniera ha
prevalso.
Se dovessero venir confermate le ipotesi a carico
delle due società non si tratterebbe certamente della prima volta per la
Cina: l'Occidente è da tempo un bersaglio. Nel 2010 è toccato a Google,
la cui sicurezza è stata violata da hacker cinesi, mentre nel 2011 sono
venuti alla luce attacchi e infiltrazioni ai danni di 72 organizzazioni
mondiali, comprese le Nazioni Unite e i governi di Stati Uniti e
Canada. La guerra cibernetica, anche se forse non passa dai telefonini, è
appena iniziata.
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