dal sito: www.lescienze.it
Il 31 maggio 1927 la rivista scientifica tedesca «Zeitschrift für
Physik» pubblica un articolo destinato a sconvolgere il mondo della
scienza, e non solo, dal titolo: "Über den anschaulichen Inhalt der
quantentheoretischen Kinematik und Mechanik", traducibile in italiano
come "Sul contenuto visualizzabile della cinematica e della meccanica
teoriche quantistiche".
L’autore, un fisico venticinquenne che
già godeva di fama internazionale, in poco più di venti pagine elabora
un ragionamento semplice, sottile e sorprendente, tratteggiando una
delle più sconcertanti rivoluzioni del sapere umano: il principio di
indeterminazione. Il giovane Werner Heisenberg è cosciente della portata
«sovversiva» del suo scritto, in base al quale è impossibile conoscere
contemporaneamente e con precisione massima velocità e posizione di un
dato oggetto in movimento: quanto più precisamente si determina la
posizione, afferma il principio, tanto meno si può conoscerne la
velocità.
Un risultato che manda in frantumi la visione
classica ottocentesca della scienza, secondo cui era scontato poter
definire con precisione massima illimitata ogni parametro che descrive
un fenomeno naturale.
Per celebrare gli 85 anni del principio di
indeterminazione, allegato al numero di giugno di «Le Scienze»
pubblichiamo Incertezza, di David Lindley, un libro che ripercorre in
senso cronologico la genesi della rivoluzione intellettuale e
scientifica di Heisenberg, e il successivo dibattito, che ha assunto
toni anche feroci, innescato nella comunità dei fisici dalla
pubblicazione del suo principio. In effetti, uno dei più restii ad
accettare la novità di Heisenberg era stato proprio il grande mentore
dell’epoca: il quasi cinquantenne Albert Einstein, il quale una ventina
d’anni prima era stato protagonista di un’altra rivoluzione, con la
sua teoria della relatività. Il principio elaborato dal giovane fisico
tedesco forniva una solida base alla nascente meccanica quantistica,
sgradita a Einstein.
Come spiega Lindley, astrofisico di
formazione e già editor di «Nature», «Science» e «Science News»: «Nel
mondo di Heisenberg, per quanto poteva capire Einstein, l’idea stessa di
un fatto vero pareva sgretolarsi dando luogo a un assortimento di punti
di vista inconciliabili. E questo, disse Einstein, era inaccettabile,
se la scienza doveva avere un qualche significato attendibile». A quella
che in seguito diventa una battaglia per lo spirito della scienza
partecipa anche il fisico danese Niels Bohr, mentore prima e avversario
scientifico poi proprio di Heisenberg.
Alla fine, sebbene
riluttante, il padre della teoria della relatività riconosce la validità
del principio elaborato dal suo giovane collega, al quale nel frattempo
Bohr aveva dato una mano. Ma, ricorda Lindley, Einstein «non accettò
mai che si trattasse dell’ultima parola». L’incertezza era un segno di
un’incapacità umana, argomentava Einstein, non «un’indicazione di
qualcosa strano e di inaccessibile riguardante il mondo stesso». Forse
però c’era anche altro.
Le rivoluzioni, come sapeva Einstein,
vedono spesso protagonisti i figli a spese dei padri, senza pietà
alcuna. Quel giorno di maggio del 1927 era diventato lui il padre
ingombrante. Un padre forse con qualche idea sbagliata, che un giovane
determinato e probabilmente anche un po’ incosciente stava per
travolgere. Un ruolo difficile da accettare per chiunque, anche per gli
ex rivoluzionari.
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